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Il Giornale Di Napoli - Antonio Tedesco - 29/07/1992
NAPOLI - Lo spunto che dà vita ad “Aspettando il regista", lo spettacolo di Lello Scarano andato in scena al Castel Dell’Ovo per la regia di Antonio Ferrante nell’ambito della rassegna "Ridere 92", organizzato dal teatro Bruttini, è molto semplice.
Un gruppetto di attori giunge in teatro dove si tengono dei provini. Palcoscenico vuoto e neanche l’ombra del regista. Gli attori, di varia fortuna e varia esperienza, sono padroni del campo. C'è una scena, ci sono dei costumi, ben presto arriveranno un direttore e tre orchestrali.
Gli attori cominciano a riapassare i pezzi che si sono preparati e poi, con la complicità del maestro e dei tre musicisti, attaccano, come fossero Casualmente ripescati dalla memoria, ad eseguire brani della più classica tradizione napolena.
Canzoni, duetti, poesie e tutto quanto fa "vecchia Napoli", con un pò di nostalgia per il bel tempo che fu.
Dunque, non è per l’origilità che si distingue questo spettacolo, e sicuramente non era questo il suo obiettivo principale. Al contrario, Lello Scarano, forte dell’esperienza di "Novecento napoletano" che ha riscosso grande successo "in patria" e all'estero, ha volutamente riproposto stereotipi e luoghi comuni della "napoletanità", scegliendo con cura tra quelli più collaudati e di più sicura presa, ben consapevole, d’altra parte, di rivolgersi a un pubblico che tanto si aspetta e tanto vuole.
Gioco facile, quindi, per uno spettacolo costruito ad hoc, per ottenere il successo cercato. Non sono mancate una riproposizione della sceneggiata in chiave parodistica e un brano da "Filumena Marturano" in cui Gigio Morra fa tutto da solo imitando in maniera piuttosto precaria Eduardo e Pupella Maggio.

Fino all’irruzione finale dal fondo della platea del regista, lo stesso Antonio Ferrante, che ha osservato tutto di nascosto e che, essendo francese, s’innamora di questi geniali guitti e li scrittura in blocco.
Sorvolando sulla cornice labile e pretestuosa di quello che sostanzialmente poteva essere un recital, è sui rischi di "folclorizzazione" della napoletanità in cui sempre tali operazioni incorrono va sottolineata senz’altro l’abilità e la professionalità e dei quattro interpreti.
Rosalia Maggio è pienamente a suo agio in un habitat spettacolare perfettamente congeniale alle sue corde, e Gigio Morra si propone come erede dei vecchi macchiettisti di gloriosa tradizione. Entrambi improvvisano più che recitare dando spesso impressione di procedere "a soggetto ".
Con loro ci sono Lello Abate e Patrizia Spinosi, a cui va il non facile compito di contendere la scena ai due più esperti.
La coppia di giovani attori si è distinta nei brani cantati, dove specie la Spinosi ha mostrato un’intensità e un calore degni della migliore tradizione napoletana.